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Chiese a Marsala

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Chiesa del Purgatorio

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Genere: Documentario  
Anno: 2023
Regia: Easy Vision

​Durata: 8:55

 

  VERSIONE IN ITALIANO

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CHIESA DEL PURGATORIO

AUDITORIUM SANTA CECILIA


Città di Marsala

Storia
L’antica chiesa di S. Sebastiano, attestata sin dal secolo XVI, denominata Chiesa delle anime purganti dei SS. Sebastiano e Fabiano, era molto piccola e aveva probabilmente l’ingresso a mezzogiorno.


La chiesa, oggi Auditorium S. Cecilia, venne ingrandita dopo una pestilenza da cui Marsala era stata liberata per intercessione dei Santi. Nel 1601 vi si trasferì la congregazione delle anime del Purgatorio, da cui trasse la denominazione. Tra il 1690 e il 1710 la chiesa fu interamente restaurata, furono rifatti la facciata, gli stucchi e le pitture; fu completata verso il 1710.


Nel 1574 si incominciò a ingrandirla con elemosine raccolte dopo che la città, per intercessione del Santo, era stata liberata da una pestilenza che l’aveva colpita. 

 

I fondi raccolti non furono però sufficienti e il 15 agosto 1584 i giurati Girolamo Margio, Giovanni Francesco Cappasanta, Giovanni Naxhone e Salvatore Schifaldo convocarono il consiglio civico, nel quale constatato che “si retrova principiata la chiesa di Santo Sebastiano, dal quali in tempo della pesti si recevettiro infiniti miracoli et finalmenti la liberationi di tutta questa città dal male contagioso, a la quali chiesa per essiri tanto piccola un devoto di questa città ci decti, a dicta ecclesia, uno magaseno grandi, che di quella è collaterali, et con li elemosini delli cittadini et con la devotioni delli gratij ricevuti da Dio, con lo intercessu di Santo Sebastiano, si ha facto principio allo edificio di dicta ecclesia  et è necessario per complirsi li maragmi (muri) et lamia (volta) di una bona somma di denari, per lo che moti li dicti signori jurati determinaro darci di elemosina unci dechi; li quali unci dechi con altri elemosini si spera in Dio complirsi decta ecclesia, la quali è poverissima et non havi rendita nixuna et li missi si dicino per devotioni et la sua festa si sollenicza cum processioni”.


Il consiglio come accadeva di norma, approvò la proposta e concesse le sovvenzioni.


In questa chiesa nel 1601 fu istituita la Congregazione delle anime del Purgatorio, da cui ha preso il nome attuale.


Tra il 1690 e il 1710 furono rifatti la facciata, gli stucchi e le pitture e nel 1711 fu solennemente consacrata dal vescovo della diocesi d Mazara, Bartolomeo Castelli, come si rileva da una lapide posta sull’acquasantiera a sinistra dell’ingresso principale: “A Dio ottimo massimo. Questo tempio dedicato alle anime pie dei fedeli trattenute in Purgatorio l’illustrissimo vescovo mazarese signor don Bartolomeo Castelli il 1 maggio 1711 solennemente consacrò. Chiunque tu sia che sei presente, affinchè dopo l’ergastolo del corpo tu non sia tormentato in quel carcere di espiazione, ti muova anche la pietà per la tua anima a guadagnare i quaranta giorni di indulgenze, che il medesimo presule benignamente concesse a chiunque visita questo sacro tempio.” 


Sull’acquasantiera di destra è collocata una lapide con la seguente iscrizione: “A Dio ottimo massimo. Se vedi questo tempio ornatissimo non lo considerare un paradiso invece di purgatorio, qui mentre i sacri coppieri offrono il vino, i Giuseppi non soffrono il carcere ma piuttosto ne vengono liberati, qui le voci e le preghiere dei supplici atterriscono i leoni, affinchè non mordano i Danieli, ma ne siano accarezzati, qui se per tutti si aprono le porte del paradiso, quale meraviglia se ammiri il paradiso? Ti muova codesta lastra marmorea: verso quelle anime non portare il cuore di marmo ma tenero. Addio.”: un invito a dimostrare attenzione alle anime del purgatorio.


Un’altra lapide collocata nella navata destra ricorda che nel febbraio 1738 il vescovo Alessandro Caputo la elevò al rango di chiesa sacramentale, con il privilegio di custodire in perpetuo il SS. Sacramento: “Questo tempio dedicato alle anime da essere purgate da parte del sommo artefice, quasi oro nel fuoco, che vedi ornatissimo, mancava del più degno ornamento dell’altare appunto del sacramento, l’illustrissimo e reverendissimo signor frate don Alessandro Caputo, vescovo mazarese, ossequientissimo cultore delle cose divine, che viene sin qui seriamente dalla sua sede, nonché don Merio Lamia, don Salvatore Alagna e don Giovan Battista Rosso, ottimi governatori, con questa luce perpetua della quale era privo il giorno 9 febbraio 1738 lo resero illustre e lo decorarono donde tu lo diresti paradiso piuttosto che purgatorio”.


La chiesa che a monsignor Quattrocchi nel 1897 apparve la migliore di tutte quelle di Marsala, oggi è utilizzata come auditorium intitolato a S. Cecilia, protettrice dei musicisti e titolare di un altare all’interno della chiesa stessa.


Facciata  della chiesa
Il prospetto della chiesa è un episodio unico nel sobrio contesto marsalese, in quanto presenta un marcato aggetto dato dalle due coppie di colonne e dal forte modellato di modanature e accessori plastici e rappresenta, con la sua cupola alta ed elegante e il suo pregevole prospetto, un elemento di forte equilibrio architettonico. Il prospetto presenta una sinfonia di volute, conchiglie, ghirlande di frutta, aggetti e rientranze che creano un forte effetto chiaroscurale; due possenti colonne tortili, dai racemi carnosi di cotogne, incorniciano il portale centrale.


La facciata, tipicamente barocca, completata nel 1701, presenta una trama architettonica di colonne, trabeazioni e cornici che risaltano dalla superficie muraria in tufo calcarenitico. 


La chiesa ripete lo schema della facciata a due campanili, il cui vigore chiaroscurale al Boscarino appare di intonazione popolaresca e, quindi, lontana dalle regole della sintassi barocca.


La facciata a due ordini è ricca di elementi decorativi: il primo ordine è caratterizzato dalla presenza di lesene piatte e di quattro colonne corinzie, tortili nel tratto iniziale fino a un terzo dell’altezza, scandiscono il prospetto in tre settori; il secondo ordine è formato da due campanili angolari isolati e da un corpo centrale occupato da un finestrone rettangolare con parapetto e due statue per lato (delle quali si conserva soltanto quella raffigurante San Sebastiano). 


Presenta tre portali, quello centrale in marmo grigio, ad arco, nel fastigio ingloba un tondo affrescato; le stesse caratteristiche su scala minore presentano i portali laterali, sormontati da centine; le immagini dei tondi rappresentano le anime purganti. 


Il corpo centrale culmina con un frontone in cui è collocata una lapide con la seguente iscrizione: “L’antica religiosità innalzò nell’anno 1701 un nuovo tempio coronato di un frontespizio che sfida il tempo a dispetto dell’eternità”.


In contrasto con la facciata principale, il prospetto laterale sulla via Garraffa si presenta estremamente sobrio se si eccettua il portale neoclassico. 


La chiesa ha uno schema basilicale a croce latina con un’alta cupola che si eleva all’incrocio delle navate con il transetto. La cupola a costoloni, rivestita da scandole bicolori in cotto smaltato (maioliche verdi e gialle), poggia su un alto tamburo finestrato e culmina con una lanterna.


Interno della chiesa 
L’interno ha un impianto a croce latina con ampio transetto. La chiesa a tre navate divise da otto colonne monolitiche, presenta cappelle laterali ricavate nello spessore delle pareti; la navata centrale presenta copertura con volta a botte lunettata con soprastante tetto in legno e tegole, le navate laterali volte a crociera.


La luce che entra dalle finestre della navata centrale, più alta delle laterali, e dalle finestre del tamburo della cupola mette in risalto la ricca decorazione plastica di gusto barocco; le decorazioni pittoriche sono tardo settecentesche. 


Nell’arco su cui si imposta la cupola è una iscrizione “Purificherai i figli di Levi come oro e argento nel crogiuolo, Malachia capitolo III” si tratta di un rimando alla purificazione di tutto il genere umano.


Nell’abside si torva una icona marmorea nella quale sono rappresentati simboli della Passione (colonna, scala, corona di spine, mano, brocca ….) e al centro un Crocifisso ligneo, sulla icona degli angeli svolazzanti reggono il velo della Veronica, ai lati a destra la Speranza e a sinistra la Carità; in alto un affresco presenta un agnello immolato e l’angelo che invita a guardare il prezzo del riscatto (Cristo, agnello immolato, morto per la redenzione degli uomini).


Ai lati dell’altare, in piedi si trovano a sinistra la Fede e a destra la Legge divina, affiancate da due affreschi: quello a destra rappresenta Aronne che intercede per il popolo con in mano l’incensiere, quello a sinistra Daniele nella fossa dei leoni soccorso dal profeta Abacuc.
Sotto il pavimento ligneo, dietro la balaustra, è presente una lastra tombale.


Davanti alla balaustra, nel transetto centrale, sul pavimento, vi è una pietra tombale, di seguito la traduzione dal latino: Il viandante sappia che qui ci sono le ceneri (i resti mortali). Se chiedi qual fuoco le abbia mai consumate (sott.”la risposta è”)l’amore che arde nelle anime che il fuoco del Purgatorio infiamma. ( Se chiedi) chiunque tu sia, che cosa le ceneri chiedono silenziose: che tu bruci, (non?) con il pentimento, con un uguale fuoco d’amore. D Vincenzo Schifaldi, sacerdote Leonardo Lamia, sacerdote Leonardo Lamia e dottore in teologia sacra Ignazio Viviano, per l'associazione delle anime nelle mani dei più carissimi soci un caro dono. Anno di salvezza 1713


Ai lati dell’altare, all’incrocio del transetto con la navata laterale destra è visibile un affresco che rappresenta Giuseppe che interpreta i sogni dei due carcerati e la loro sorte; all’incrocio del transetto con la navata laterale sinistra un affresco che rappresenta Giobbe  insultato dalla moglie e consolato dagli amici.                 .


Gli affreschi della volta e delle pareti rappresentano, secondo il gusto tardo barocco, la Vergine che intercede per le anime del Purgatorio; nella volta è la Intercessione della Vergine per le anime purganti entro una cornice di stucco mistilinea si nota, inginocchiata sulle nubi, la Madonna circondata dalle anime del Purgatorio, in alto la Trinità; l’affresco è attribuibile ai fratelli Manno. Probabilmente è un’opera del tardo Settecento che diluisce e irrigidisce al tempo stesso i modi del D’Anna e del Sozzi e che trova validi riscontri nell’ambito dei palermitani fratelli Manno; notevoli affinità con la decorazione analoga dell’oratorio del Purgatorio a Erice. (Cultura barocca tra Seicento e Settecento - Vincenzo Scuderi).


Negli spicchi della cupola gli affreschi rappresentano angeli che probabilmente alludono al Paradiso, meta definitiva delle anime purganti (cupola tensione verso alto, barocco), nei pennacchi sono rappresentati gli arcangeli Michele con armatura e anche con la bilancia che allude al suo ruolo psicopompo che accompagna le anime in Paradiso e le pesa, Gabriele rappresentato spesso con giglio nelle Annunciazioni, Raffaele con pesce e bastone del pellegrino e nel quarto pennacchio L’angelo custode che custodisce le anime rappresentate dall’immagine del bambino.


Nelle volte del transetto: a sinistra un affresco ormai illeggibile e a destra una figura che potrebbe rappresentare la Virtù della Fortezza, vista la presenza dell’angelo che regge una colonna.


Nella cantorìa posta sopra la porta principale si trovava un organo costruito da Pietro La Grassa, sormontato da un’anima del purgatorio, elemento che si ritrova anche nel prospetto.


Nel primo altare di destra una tela raffigurante S. Cecilia datata 1757 attribuibile a Olivio Sozzi; pure legato alla cultura palermitana, ma di un periodo antecedente (Cultura barocca tra Seicento e Settecento - Vincenzo Scuderi); nel secondo altare una lapide che ricorda che nel febbraio 1738 il vescovo Alessandro Caputo elevò la chiesa al rango di chiesa sacramentale, con il privilegio di custodire in perpetuo il SS. Sacramento; nel terzo altare un quadro settecentesco di S. Rosalia.


Nel terzo altare si trova anche un bassorilievo tondo marmoreo che rappresenta l’Annunciata, con un vaso con un giglio a sinistra e un libro aperto nel quale si legge “Ecce Ancilla Domini”, a destra; l’opera dei primi del Cinquecento e attribuibile a Giuliano Mancino.


Nel transetto destro è collocata una tela del XVIII secolo che rappresenta La buona morte; la tela ha lo schema piramidale tipico della pittura siciliana del Settecento. 

 

Nella sacrestia è un prezioso armadio ligneo con decorazioni del XVIII secolo.  Nel transetto di sinistra era una tela, anch’essa del XVIII secolo, raffigurante S. Francesco e frati francescani, oggi sostituita da un elemento costituito da quattro colonne binate sormontate da un frontone spezzato, in cui è  inserito  un Crocifisso ligneo (si può fare riferimento al portale d’ingresso della chiesa di San Francesco a Marsala, dell’architetto trapanese G.B. Amico, che presenta due telai di colonne isolate e ruotate rispetto all’allineamento della facciata e il frontone spezzato, confermano la sicurezza dell’Amico dell’uso del repertorio barocco).


Nel pavimento si conserva la lastra tombale del maltese Giuseppe Zarb su cui sta scritto “Io quel famoso Giuseppe Zarb di malta che abbondavo delle ricchezze e della fortuna, ora sotto mil marmo sarò circondato da grandissimi sventurati. Morì il 13 novembre 1687, XI indizione, all’età di 54 anni”; nella parte superiore della lastra uno stemma con un albero e un leone/cane; una decorazione di elementi fitomorfi ricopre e incornicia la superficie.


Nella navata di sinistra si hanno soltanto due altari: nel primo altare, oggi vuoto, si trovava una tela rappresentante un Deposizione di fattura popolare, che oggi si trova nella chiesa di Maria SS. Addolorata, segue poi l’ingresso laterale e, quindi, il secondo altare con un dipinto che rappresenta probabilmente il Vescovo Pascasino o il Vescovo Gregorio di Lilibeo, sull’altare è poggiata una teca lignea contenente un Ecce Homo


Tutti gli altari, ad eccezione di quello della navata centrale che è in marmo, sono in legno dipinto. Il pavimento a quadri in marmo policromo.


Fontana del Purgatorio
Non esiste alcuna documentazione relativa a questa suggestiva fontana di gusto barocchetto, che ben si inserisce nel complesso architettonico della piazza dominata dal prospetto della chiesa.

 

Probabilmente la fontana è coeva alla facciata della chiesa. La fontana di marmo grigio si leva su un piedistallo che riproduce la forma della vasca. L’acqua, uscendo da una sorgente a forma di pigna, cade in una conca, sorretta da tre mensole rovesciate, che a sua volta la riversa in una seconda conca da cui scende in tre vaschette a conchiglia; l’acqua, infine, si raccoglie in una vasca trilobata. 


Testo a cura della prof. Annamaria Abate, docente di Storia dell’Arte e della prof. Susanna Renda, docente di Lettere antiche.

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